Flutti sulle spiagge dell’immaginario
Carlo Romano
postfazione a Giuliano Galletta, tous jours,Libreria editrice Sileno, 1978
I flutti sulle spiagge dell’immaginario segnano un bagnasciuga di Fraintendimenti tra l’acque generose delle illusioni che si protendono energiche e le sabbie grigie di un quieto vivere di per sé già abbondantemente frainteso. Nella facile metafora le une recedono dai loro propositi impetuosi e le altre le seguono rapite nella corrente. È nota d’altronde la fascinazione che gli alti gradi d’una gerarchia esercitano su quelli bassi, umili. E, viceversa, è altrettanto nota la suggestione perversa esercitata dagli umili sui potenti. La nostalgia del fango corre decisa, sfacciata, come regola d’un certo vivere borghese con ascendenze intellettuali marcate. Personalità diverse come Carlyle e Junger hanno elevato l’operaio a protagonista d’una metafisica passionale facendone il tipo, d’un vivere in intimità con l’eroico, la possenza. Un folle vanesio come Wilde, invece, senz’altro votato all’inutile e al vacuo, almeno nell’immagine ancor oggi diffusa di dandy falsificatore, comunque ben lontana in fronte e in testa dal rigido calvinismo dell’uno e dalle esperienze giovanili condizionanti e onnipresenti del secondo, scrisse di socialismo in modi ben tradizionali, per niente vacui. Insomma la cultura della civiltà che andiamo vivendo è un continuo rimescolare le carte, un flusso di fraintendimenti che vanno ad alimentare l’immagine d’un mare in tempesta, che sarebbe poi quello del mai tramontato romanticismo. Come i Greci del periodo arcaico guardavano alle macchine come a qualcosa di appartenente al mito, alla favola,oggi noi dovremmo guardare il cielo, le favole, il mito, come a un qualcosa che realizzerà compiutamente lo spirito scientifico fin qui in corsa con le invenzioni letterarie. L’album, il libro che ognuno può completare fuori e senza la tutela di specialità e specialisti, è il capitolo piú misterioso della nostra cultura, è la memoria e al tempo stesso la favola; è come eravamo, frattanto che ci ricorda cosa dobbiamo credere. Tra le cose che stanno diventando certezza, l’album è già la forma di comunicazione dominante, sulla Luna, su Marte, nel Regno dei Cieli, tra gli angeli, ovunque, ma non qui e adesso, ci diremo: hai visto come sono? Una foto dirà tutto di noi, non avremo piú bisogno di parlare, il limbo sarà la condizione umana apparente, immagine tra immagini. Diventare niente senza ridursi alla natura, puro spirito, ecco! sarà questo il lavoro. «Finalmente – ci diranno – il proletariato è un’anima sola». L’anima universale, purtroppo.