GIULIANO GALLETTA

“LA CAMERA MELODRAMMATICA”

Mostra a cura di Sandro Ricaldone
In catalogo testi di Giuliano Galletta, Raffaele Perrotta, Sandro Ricaldone.
Galleria MARTINI & RONCHETTI, Genova, via Roma 9, 
14 ottobre / 14 novembre 2006

In una stanza in penombra – nella quale si accede superando un pesante tendaggio di broccato – una giovane donna, vestita di rosso, è seduta su una poltrona. Di fronte a lei una specchiera. Tutto sembra normale, senonchè, osservando meglio, si nota che nel suo braccio sinistro è innestato il tubicino di una flebo, appesa, lì accanto, all’apposita asta utilizzata negli ospedali. Sulla parete alla sinistra della donna, su una pedana di legno, è posizionata una sedia a rotelle e su di essa è sistemato un piccolo televisore accesso che trasmette, in continuazione, la stessa scena di un famoso film di Fred Astaire “Top Hat”. L’immagine è anche proiettata sul muro alle spalle della sedia; l’audio è ascoltabile soltanto attraverso una cuffia a disposizione del visitatore/spettatore. La terza parete, a cui la donna dà le spalle, è completamente ricoperta di mazzetti di fiori di plastica che incorniciano una scritta, stampata a caratteri di scatola, che recita “In linea di massima, l’essenziale è mostruoso”. Si presenterà più o meno così così la mostra/installazione dal titolo “La camera melodrammatica” che l’artista Giuliano Galletta proporrà alla galleria Martini & Ronchetti di Genova (via Roma, 2) a partire dal prossimo14 ottobre. La mostra sarà completata da una parte “introduttiva” di lavori fotografici di diversi formati, in tutto o in parte collegati all’ambientazione. Questa mostra segna il ritorno di Giuliano Galletta sulla scena artistica dopo molti anni di attività “sommersa”. 
“La camera melodrammatica” è un lavoro complesso che prende spunto da suggestioni letterarie e filosofiche (il titolo è ripreso dal De Pisis romanziere), ma anche pittoriche (la pittura floreale) e cinematografiche (il musical classico), ma che poi segue le sue autonome strategie che – come è sempre accaduto al lavoro ormai quasi trentennale di Galletta – hanno caratteristiche al tempo stesso evenemenziali, narattive e, in un certo senso, speculative. La “camera” si presenta quindi come opera in corso e, al tempo stesso, stratificata, di cui l’installazione “pubblica” non è che uno dei punti di un processo interminabile che coinvolge diverse fasi di scrittura: ideazione (oggetto), azione (corpo), documentazione (immagine). Fasi assolutamente intercambiabili e prive di qualsiasi forma di gerarchia al loro interno. Diventa perciò difficile stabilire un dato “temporale” che ricostruisca quel “procedimento logico” che l’artista vuole scientemente occultare, pur ammettendone l’esistenza. La “camera” crea così un corto circuito antropologico in cui ciascun tema rimanda all’altro, tendenzialmente all’infinito. La donna e i fiori finti, le citazioni e l’eros, la morte e l’identità, la memoria e il ballo, l’autore e il suo doppio, la pittura e il suo simulacro sono tutti riferimenti cui il lettore può fare legittimamente appello senza sperare però in un cenno d’intesa dell’autore.