La camera esoterica

Riccardo Manzotti

Ho avuto l’occasione, in un gelido pomeriggio di Novembre, insieme ad altri fortunati, di vivere una sofistica esperienza quasi esoterica entrando nellacamera melodrammatica di Giuliano Galletta. Tra loro, il poeta Edoardo Sanguineti. Doverosamente premetto che non mi addentrerò nei complessi legami storico-estetici che connettono questa opera ai lavori di De Pisis, Carrà, De Chirico e Beckett. Mi limiterò a descriverne il potere evocativo e il significato psicologico.

La camera melodrammatica si presenta, fin da subito, pervasa un’atmosfera inquietante. Non concede nulla all’esibizionismo mediatico. È una complessa installazione nel senso che, nell’arte contemporanea, si dà oggi a questo termine: un percorso all’interno del quale il visitatore diventa parte integrante dell’opera. L’esperienza estetica è legata all’intreccio di metafore e analogie che l’autore riesce a concentrare in quei pochi metri quadrati.

All’interno dell’installazione si trovano quattro opere legate dal fil rouge della rappresentazione: la rappresentazione simbolica, la rappresentazione filmica, la rappresentazione fotografica e lo specchio. Potremmo definirla una tetralogia della rappresentazione: vita, declino, morte e trasfigurazione della rappresentazione.

Nella prima sezione, la rappresentazione simbolica è incarnata da una duplice scritta che utilizza (amo di papier colle) il format delle locandine dei quotidiani appese all’esterno delle edicole: in linea di massima / l’essenziale è mostruoso. La valenza simbolica e semantica è rafforzata dalla metafora funebre che è richiamata tanto dalla cornice in cui è collocata la frase quanto dalla cascata di fiori che ne sono i muti custodi. La metafora funebre sembra suggerire una morte della rappresentazione simbolica o semantica che proietta sulla successiva incarnazione.

Questa volta ci troviamo di fronte a due immagini in movimento che mostrano un breve spezzone del film Top hat con Fred Astaire. Le immagini scorrono, sia su uno schermo televisivo (adeguatamente anacronistico) sia proiettate su una parete, ma tra le due si manifesta un leggero scostamento che rivela la falsità di ogni identità e corrispondenza. Inoltre il televisore è posto su di una sedia a rotelle, simbolo di infermità. La crisi della rappresentazione non potrebbe essere più evidente.

La terza sezione ospita una fotografia di un primissimo piano dello stesso autore: la rappresentazione dell’identità personale contrapposta a quella della figura stereotipata infinitamente ripetibile di Fred Astaire. Potremmo dire, la rappresentazione dell’irripetibile e unico a confronto con la rappresentazione del genere e del tipo. E ovviamente tale foto assume un significato particolare conoscendo la lunga frequentazione dell’autore con il tema dell’identità personale e della sua effettiva consistenza. La sua stessa immagine è stata spesso usata nel tentativo di creare una antibiografia che pone in discussione la essenza stessa dell’identità. D’altronde, in linea di massima,l’essenziale è mostruoso …

Infine si giunge alla quarta, e finale, sezione di questa camera tetralogica: una poltrona (coperta da un lenzuolo) posta di fronte allo specchio. Anche in questo caso, Galletta ha introdotto un elemento inquietante che suggerisce nuovi significati: una flebo che pende sinistramente a pochi centimetri dalla poltrona. In questa sezione, si richiede al visitatore di entrare nell’installazione e farsi fotografare. È il momento cruciale della installazione, la sintesi della tetralogia: il luogo dove il soggetto spettatore diventa oggetto rappresentato e rappresentante. Attraverso lo specchio, il visitatore diventa l’oggetto di una rappresentazione necessariamente incompleta. Inoltre, Galletta ha subdolamente posto specchio e poltrona in modo tale da impedire a chi si siede di vedere la propria immagine completa: solo una metà (non a caso quella sinistra) è visibile al visitatore.

La vera chiave di volta della camera melodrammatica è il tema del doppio. È doppia la scritta e la grafica nella prima parte. È doppia l’immagine di Fred Astaire. La fotografia di Galletta, autore e oggetto della sua opera, è il suo doppio. E,ovviamente lo specchio è l’allegoria classica che incarna il tema del doppio.

La camera melodrammatica,facile paragone, richiama Las meninas di Velasquez: in entrambi i casi lo specchio diventa lo strumento che fa entrare il visitatore nell’opera. Inoltre in entrambe le opere si assiste a questa molteplicità di rappresentazioni (specchi, immagini, quadri, tele e televisioni) che moltiplicano la realtà contestandone l’autenticità.

Ma proprio nello specchio il dualismo estetico trova la sua nemesi. Molti, infatti, credono che lo specchio ci mostri un’immagine del mondo esterno, una sua replica. In realtà, lo specchio non ci mostra un’immagine, ma riflette una parte del nostro ambiente secondo una prospettiva diversa. Lo specchio, fedele alla sua fama di principe degli inganni, ci fa credere di mostrarci un doppio della realtà, mentre ci mostra la realtà in quanto tale. Per convincersene basta cercare di fotografare l’immagine offerta dalla superficie riflettente. Ci renderemo conto che l’obiettivo, letteralmente, non «vede» la superficie ma cerca l’oggetto riflesso, come se fosse, a tutti gli effetti,reale e lo è.

Ma il doppio è contenuto anche nella figura di Fred Astaire che, manichino danzante per antonomasia, si trova su una sedia a rotelle, ossimoro estetico che testimonia la negazione del movimento rendendolo possibile. Fred Astaire, la fotografia di Galletta e lo specchio, come ho accennato, sviluppano il tema dell’identità personale:reale, narrativa, ipotetica, epifenomenica. Un tema caro alla recente filosofia della mente. Non a caso, l’impossibilità di determinare un supporto sostanziale al sé ha suggerito ad alcuni autori (per esempio Daniel Dennett) di interpretare la genesi del soggetto quale frutto di una eterofenomenologia narrativa che ogni soggetto racconta a se stesso. Un guscio di ricordi,immagini e rappresentazioni che ruota intorno a una essenza inconcepibile e, forse, inesistente; una teoria che ha trovato realizzazione concreta nella precedente opera di Galletta: l’Almanacco di un altro anno. Ancora una volta, «l’essenziale è mostruoso».

(2006)